martedì 18 novembre 2014

La pipa di Frastanite



La pipa di Frastanite

Milano, anno 2014
Calogero, dopo aver girato un paio di volte tra gli ampi cortili per trovare il numero del portellone corretto, prese finalmente dalle tasche la chiave che aveva trovato assieme alle indicazioni del garage. Nei giorni precedenti aveva maturato una certa curiosità per quello che avrebbe potuto trovare in quel magazzino nella periferia della città. Non era riuscito ad andarci prima perché era stato impegnato con tutte le altre pratiche più imminenti, relative all'eredità del padre appena defunto.
Quando entrò e lasciò che la vista si abituasse al buio dello stanzino, non poté fare a meno di sorridere realizzando che quel posto era stato destinato, dal suo vecchio, esclusivamente alla raccolta della sua enorme collezione di pipe. «Come se non ne avessi già trovate a sufficienza sparse per la casa»,  pensò Calogero.

Iniziò a curiosare tra gli scaffali, con una certa ironia. Nonostante avesse sempre disapprovato quel vizio del padre, unito al collezionismo maniacale, non poteva fare a meno di trovare un certo fascino in tutti quei piccoli pezzi di radica dalle forme più svariate.
Prese, dentro di se, ancora una volta un po' in giro il padre per quella ossessione di comprare centinaia di pipe, che nemmeno aveva il tempo di fumare. Diceva che ne era attratto esteticamente, lo "chiamavano". E quando Calogero gli faceva notare che molte parevano uguali tra loro, gli rispondeva: «mi piacciono le microvariazioni».
Finì per guardare dentro una scatola polverosa, riposta in una mensola più alta, dove c'erano alcune pipe, ognuna dentro la propria custodia rigida. Aprendone qualcuna, vide che erano di un colore bianco seppia, in un materiale diverso dalla solita radica.
Rimase colpito da una in particolare, la trovava vagamente inquietante. Il fornello aveva la forma di una testa composta da due mezzi volti. la metà raffigurava un uomo barbuto, che sembrava provenire da secoli addietro e l'altra metà un volto di donna, triste, angosciato, con incastonata una perla rossa nell'occhio.
Continuò a fissare questa perla, come rapito, quando una luce rossa invase improvvisamente il piccolo garage.

Regno di Tuskar, anno 1613
Emeliah, col volto parzialmente celato dal suo velo color ocra, spazzava il pavimento di casa.
Era un pomeriggio particolarmente torrido a Ismabul, ella compiva ritmicamente i suoi movimenti, ma i pensieri sembravano vagare altrove. Le sue esili braccia  mostravano dei lividi e lo sguardo- rivolto al laboratorio del suo uomo, Mercurium, al di la del cortile- era intriso di rabbia e disprezzo.

La vita di Emeliah era sempre stata colma di sofferenze, gran parte causate dalle figure maschili della sua vita. Il suo temperamento ribelle e orgoglioso male si adattava ad un mondo dove le donne parevano esistere solo per obbedire al volere degli uomini, veri dominatori dell'antico regno di Tuskar.
Il padre era un nobile della città di Eskasam, ad Est dell'impero, vicino alla capitale. Era la sua unica figlia, ed egli a modo suo l'amava. Ma era un uomo di indole lunatica ed iraconda e nel regno di Tuskar una donna doveva essere fiera di poter servire da valvola di sfogo occasionale di un uomo. Era segretamente dedito alle arti occulte, pratica severamente vietata dal sovrano, e non risparmiava ad Emeliah delle punizioni crudeli quando lei – da sempre curiosa e particolarmente sagace- osava ficcare il naso nei suoi laboratori.
A ventun anni, la diede in sposa a Tolloius, valoroso guerriero del sovrano, che la condivideva con altre tre mogli. Il suo temperamento troppo poco remissivo e indipendente non l'aveva mai resa simpatica alle altre tre consorti, che la tenevano quanto più distante possibile. Ma Emeliah invece di soffrire per questa emarginazione, sembrava riderci sopra beffarda e questo atteggiamento contribuiva ad indispettire ed inquietare le sue tre coinquiline.
Anche Tolloius non apprezzava certi tipi di atteggiamenti in una femmina, ma l'indipendenza di Emeliah era molto sottile, non esibita, ed Egli non aveva certo il tempo,ne l'attitudine, di scrutare a fondo  la personalità delle proprie mogli.
Le cose peggiorarono quando Franska, una di loro, giurò al valoroso guerriero di avere più volte scoperto Emeliah mentre praticava degli strani riti con amuleti e libricini. Tolloius, adirato, rovistò tra tutte le sue cose e alla fine trovò quello per cui era stata accusata. Andò su tutte le furie e al grido di "strega!" inizio a picchiarla selvaggiamente
Franska e le altre due spiavano impaurite la scena dalla porta socchiusa delle loro camere. L'inquitetudine si trasformò in orrore quando nello sguardo di Emeliah, mentre veniva picchiata, vi scorsero, tra le smorfie di dolore, un sorriso beffardo e crudele.
Da quel giorno, le tre mogli di Tolloius non rividero più Emeliah. Egli non ne parlò più e nessuna di loro tre osò chiedere qualcosa in merito.
Nessuno seppe come, ma Emeliah si ritrovò a Ismabul, una cittadina sul mare all'estremo Ovest del regno, lontana dalla capitale e dalla sua influenza, luoghi in cui ci finisce molta gente a cui non piace che vengano fatte loro domande.
Nonostante la sua forza e il suo orgoglio, era consapevole che in quelle terre una donna sola non aveva molte speranze di sopravvivere, così finì per farsi prendere come amante da Mercurium, un artigiano della città. Egli scolpiva pipe per fumare ed altri oggetti con un particolare materiale che egli stesso estraeva tra le insenature rocciose della costa: la Frastanite.
Oltre che artigiano e scultore, Mercurium era noto per essere un poco di buono. Si diceva che gestisse dei traffici di materie prime e pietre preziose rubate e viveva dunque piuttosto isolato tra la sua abitazione e il laboratorio oltre il cortile, dedicandosi - oltre che alle sue sculture- all'alcool, al fumo di pipa e agli altri affari più loschi. Ad Emiliah stava bene così. Dato i suoi trascorsi e le accuse di stregoneria, voleva stare più lontana possibile dalla gente e farsi notare poco.
Nonostante quello che aveva passato, Emeliah non aveva abbandonato l'interesse per le arti occulte, teneva ancora con se tutti i libriccini con appunti rubati al padre ed esperimenti fatti da lei stessa. Quando Mercurium era fuori casa, ella si intrufolava nel laboratorio e studiava i segreti e le potenzialità nascoste delle pietre e delle gemme con cui l'amante trafficava. Ma in particolare era attratta da quello strano materiale, la Frastanite. Era un minerale duttile, ma resistente, pareva essere immune dalle fiamme. Spiava Mercurium mentre fumava le sue pipe bianche. Col tempo, il colore immacolato iniziale,  si riempiva pian piano di segni sempre più scuri e ad Emeliah, pareva che quei disegni misteriosi rivelassero l'anima del suo fumatore.
Passava il tempo ed Emeliah affinava sempre di più le sue arti magiche. Quando andava nel laboratorio era sempre molto attenta a rimettere tutto com'era prima e sopratutto teneva d'occhio la strada per assicurarsi che il suo uomo non fosse di ritorno.
Una sera, dal laboratorio si udì un grido. era un grido di gioia, anche se metteva i brividi. Veniva da Emeliah, era forse riuscita in un incantesimo cui da tempo studiava e sperimentava senza successo. Tra le mani aveva una pipa che lei stessa aveva intagliato dal blocco di Frastanite, raffigurava una testa composta da due mezzi volti: quello del padre -primo uomo che ha odiato e archetipo di tutti gli altri- e quello suo. Nell'occhio del suo mezzo volto aveva conficcato una piccola pietra rossa che, chissà per quale arcana ragione, continuava a brillare.
Emeliah sentì aprirsi la porta alle sue spalle, il suo riso si tramutò in sgomento e un brivido le corse lungo la schiena. Presa dalla gioia del suo esperimento riuscito, non aveva udito Mercurium che tornava. Assieme a lui c'erano altri due uomini che la guardavano contrariati.
«Mercurium, è così che tieni cura delle nostre pietre preziose? Facendole maneggiare da questa donna?» disse uno di loro
«vi chiedo perdono, questa scellerata è la mia amante, si occupa del mio piacere e della cura della casa. Per dimostrare tutto il mio disappunto per questa offesa, le toglierò immediatamente la vita, io stesso».
Nell'udire queste parole e vedendo Mercurium estrarre il pugnale dalla fondina, Emeliah si irrigidì di terrore, ma fu solo un attimo, pensò a quello che aveva appena creato, strinse forte la pipa che aveva in mano e rise, mentre Mercurium con rabbia le tagliava la gola.
Una luce rossa improvvisamente illuminò il laboratorio e i volti stupiti dei tre uomini, fino a che venne risucchiata completamente dalla gemma incastonata nella pipa.

Milano, anno 2014
Calogero continuava a chiedersi per quale ragione si fosse messo a rovistare tra i cartoni per cercare  del tabacco. Non era mai stato un fumatore e in tutti gli anni di frequentazione delle pipe del padre, non gli era mai passato per la mente di provare ad accendersene una. Adesso, dopo aver rimirato per un po' quella strana pipa bianca coi due mezzi volti, gli era venuta improvvisamente voglia di provare a fumarla.
Trovò una busta verde a quadretti con uno stemma rosso come logo. «Questa andrà bene», pensò. L'aprì e ficco il tabacco dentro la pipa, stupito lui stesso per la naturalezza con cui compiva quel gesto mai fatto prima. Accese un fiammifero e finalmente imboccò la pipa avvicinando la fiamma al fornello.
Appena emise i primi sbuffi di fumo, la gemma rossa si illuminò. Calogero si sentì come bruciare dentro, cadde a terra divincolandosi senza capire cosa gli stesse succedendo.
Di colpo si calmò. La gemma rossa aveva smesso di splendere, si alzò da terra con un sorriso crudele e trionfante. « Ce l'ho fatta! La mia anima è ora nel corpo di un uomo! Non so quanto tempo è passato.» Emeliah, incarnatasi nel corpo di Calogero uscì dal portone metallico del garage e di fronte ai suoi occhi increduli, gli si rivelò una distesa grigia infinita. Asfalto e blocchi di cemento quadrati, tutti uguali, disposti uno accanto all'altro. Quello che vedeva era l'ampio cortine, coi garage a cui quella zona periferica era stata destinata.
«In che razza di epoca mi sono ritrovata...» «Ma non importa, quello che conta è che ora sono un uomo. Per tutta la vita ho subito l'ingiustizia di nascere donna e finalmente posso far parte della specie dei dominatori e fare quello che voglio!»
All'improvviso una figura femminile arrivò e si fermò di fronte ed Emeliah. Non capiva che razza di abiti indossasse, non ne aveva mai visti di simili. La donna continuava a guardarla e lei rimase per qualche istante in silenzio, senza sapere cosa dire, quando si ricordò che ora lei era un uomo e poteva fare quello che voleva.
Non fece però tempo a parlare che la donna la anticipò: «Calogero! Ma cosa stai facendo imbambolato davanti a quella porta? È tutto il giorno che ti aspetto! Dovevi venire a vedere se c'era qualcosa di valore in questo garage di tuo padre, vediamo che c'è qui dentro..»
«Ecco! Pipe pipe e ancora pipe, cosa speravi mai di trovare. Dai, adesso muoviti che devi passare a prendere i bambini a scuola e poi devi ritirare la mia macchina dal carrozziere.. e smettila di stare fermo li come uno scemo, andiamo!»