lunedì 24 dicembre 2018

Le due Ashton appena arrivate da Jim Craig Dell’alcol e delle micro-variazioni

Le due Ashton appena arrivate da Jim Craig
Dell’alcol e delle micro-variazioni
Di Antonio Pintér (in duplice veste) e Calogero Rizzo




“Essere menti organizzate e ordinate ha certamente i suoi vantaggi. Talvolta anche non esserlo, però, dà le sue soddisfazioni”.
(Antonio Pintér) 

I

“Mi ci vorrebbe proprio apple in finitura brindle” disse Antonio Magiari con un sospiro, alzandosi dalla sedia, dopo aver finito di vuotare la pipa appena fumata. Il suo sguardo incontrò quello perplesso di Gaetano De Robertis che lo scrutò per qualche istante, dopo aver poggiato il libro che stava leggendo sulle ginocchia, prima di chiedere: “Ma non hai già più di una apple?”
“Si, qualcuna…” disse apparentemente distratto Antonio, volgendosi verso la finestra e fingendo di contemplare l’imbrunire.
“Eccoci di nuovo…” sospirò De Robertis, accingendosi a riprendere la lettura.
“Di nuovo cosa?” si voltò Antonio, con lo sguardo burbero.
“Di nuovo le micro-variazioni”.
“Ti fanno forse schifo le micro-variazioni?” prese a dire il collega con tono risentito, avvicinandosi alla poltrona dell’altro.
“Non è che mi facciano schifo, tutto sommato sono l’essenza del nostro mestiere; però le micro-variazioni delle micro-variazioni mi sembrano un tantino eccessive”, si spiegò Gaetano, rassegnato a una lunga discussione proprio a ridosso della cena.
“Ma se tu stesso hai appena detto che sono l’essenza del nostro lavoro!”
“Sì, l’ho detto, ma come ho sempre aggiunto in passato, se mi farai la grazia di ricordartene, il vizio delle micro-variazioni ti insegue, a dispetto della tua razionale intenzione di allontanartene un po’. Tu sposti sempre il confine di questo allontanamento. Insomma, da chi vorresti fartela fare questa nuova apple in finitura brindle?
“Da Jim Craig” rispose asciutto Antonio, tornato a sedere dietro la scrivania, fingendo di esaminare la pipa appena fumata, alla ricerca di segni di bruciature nel fornello che sapeva già inesistenti.
“Ossignore! Un’altra Ashton? E da Craig poi…” sbottò Gaetano, fingendo di rimettersi a leggere.
“È forse malato Craig? Non è in grado di fare pipe?” sibilò Antonio, alzandosi in piedi e guardando in tralice il collega. 
“Lo sai benissimo come la penso. Le Ashton sono una creazione del compianto Bill Taylor, sarebbe un vero e proprio tradimento farsene fare una da Craig. Chiunque, guardando una Ashton fatta da Taylor può trovare l’impronta caratteriale del creatore; guardando una foratura o una sabbiatura può provare a indovinare lo stato d'animo, e magari talvolta anche la quantità di whisky che aveva bevuto quel giorno il suo autore”, disse infine Gaetano alzandosi in piedi.
“Ma certo, lo so benissimo” prese a dire Antonio sedendosi a sua volta, “come so, che da quando Bill Taylor è morto, ma probabilmente anche da parecchio prima, le operazioni di Ashton sono condotte da Jim Craig”.
“Questi cambi di mano sono sempre delicati e, in questo caso, non riesco a nasconderti il mio enorme scetticismo”.
“Eccolo! Un tayloriano duro e puro mi doveva capitare come collega” disse Antonio con una punta d’ironico disappunto, alzandosi dalla sedia per prendere una pipa.
“Lo hai sempre saputo” crollò nuovamente sulla poltrona Gaetano, definitivamente rassegnato a posticipare la cena.
“Caro collega” prese a dire Antonio avvicinandosi a Gaetano con una pipa in mano “carissimo collega, sapresti tu dirmi se questa pipa l’ha realizzata Taylor o Craig, per caso?”
“Così, su due piedi?” obiettò Gaetano.
“Anche da seduto, se ti riesce” lo prese in giro Antonio offrendogli l’oggetto del disputare. “Se ci riesci stasera la pago io la cena”.
“Ma che storie! È ovvio che se ti dico che l’ha fatta uno, mi risponderai che l’ha fatta l’altro…” e si fermò come folgorato da un’illuminazione Gaetano, arrossendo come un peperone.
“Eh… Hai capito anche tu, alla fine” gli sorrise Antonio. “Molte delle Ashton che abbiamo sempre incondizionatamente ammirato del periodo tayloriano, erano già fatte da Craig e, a questo punto, mi devi offrire la cena”.
“Al passo, al passo” intimò Gaetano che aveva avuto modo, in pochi secondi, di rimettere a posto le idee e trovare una via di fuga “al passo: concedo l’apporto di Craig; ma io m’affido alla certezza della cronologia”.
“Che cronologia?”
“L’unico punto inconfutabile, il giorno della morte di Taylor” disse guardandolo con aria di sfida.
Resse quello sguardo per qualche secondo Antonio, a valutarne la sfida che conteneva, per interpretarne la serietà o meno e, alla fine, con una punta di malcelato scontento, seppe dirgli solamente: “Ma vaffanculo!” e s’avvio a cena da solo.



II

Facendosi avvolgere dall’indifferenza dei passanti che lo incrociavano lungo le vie di Milano, rimuginava sulla conversazione appena avuta, più arrabbiato che deluso, urtando le persone che affollavano i marciapiedi e riempiendole d’improperi se queste, per semplice cortesia, provavano a scusarsi della sua disattenzione.
Fu al solito bar, per il solito aperitivo, prima di ogni cena.
“Dottor Magiari, il solito?” l’accolse con un sorriso il barista.
“Gato, quante volte ti devo dire che non sono dottore? Comunque non il solito, ho voglia di un gin and tonic, per piacere”.

Dopo i primi sorsi, prese a osservare la piazzetta su cui dava il bar attraverso il liquido del bicchiere e, sorso dopo sorso, bicchiere dopo bicchiere, quella caleidoscopica osservazione iniziò a trasfigurare i luoghi, le persone. Le palme da poco piantate anche nella sua città gli parvero circondate dalla sabbia, mentre gli altri alberi si andavano trasformando in ombrelloni; i passanti, con corpi abbronzati, sembravano dirigersi verso il bagnasciuga di un mare tropicale che si trovava proprio lì, in fondo alla piazzetta. Tra questi inaspettati bagnanti vide uno farglisi incontro, rosso in viso per l’alcol più che per il sole, con in testa un panama che gli invidiò subito tantissimo.
“How you doing, mate?” gli disse l’uomo, con un sorriso, quando gli fu vicino, sollevando il bicchiere di gin and tonic in segno di ‘salute’, mettendosi a sorseggiarlo.
“Io sto bene e tu? Ma che cazzo ci fai qui Jim?”
“Vengo sempre qui in vacanza” gli rispose in italiano Craig col più stupito dei sorrisi.
“Ti piace il mare di Milano?”
“Ho sempre amato i tropici”.
“Che combinazione” esclamò Antonio, ordinando altri due bicchieri “stavo pensando proprio a te”.
“Come mai?”
“Ma niente, pensavo di ordinarti una pipa” iniziò a dire Antonio, porgendo all’altro il bicchiere pieno, mentre questi finiva di vuotare il contenuto di quello che aveva in mano.
“Ma l’hai già ordinata” rispose Craig con una punta di divertito stupore.
“Quando?”
“Qualche settimana fa, ricordi facemmo una lunga chiacchierata in chat, eri particolarmente euforico, per così dire”, rise Jim.
“Già, già…” finse di ricordare Antonio prendendo a accarezzare il mento con i polpastrelli di pollice e indice, tentando con uno sforzo sovraumano di ricordare gli esatti termini di quella conversazione, per lui mai avvenuta.
“E ti ho chiesto una apple in finitura brindle?” si riscosse alla fine Antonio.
“No. Quella te l’avevo già fatta. Anzi da quella partisti per avere le stesse finiture su shape diversi”, precisò Jim.
Shape diversi? Quante pipe t’ho ordinato?”, sgranò gli occhi Antonio.
“Due” gli rispose sinceramente stupito l’artigiano.
“Ci sono! Ti ordinato due brindle con cumberland!”
“Quasi. Mi pareva di aver capito che volessi due Pebble Grain con bocchino in tactical cumberland verde oliva”.
“Verde oliva? Quello ce l’ho già”, si rabbuiò per un attimo Antonio.
“Boh? Che ne so?” fece spallucce Jim “Hai tanto insistito per il tactical cumberland verde oliva, dicevi che ti ricordava il mimetismo dei corazzati destinati a operare nelle piane e nelle foreste dell'Europa Centrale, ti ricordava le tue origini…”
“Ha senso, in effetti” dovette constatare il committente, del tutto immemore.
“Comunque, ho pensato di portartele personalmente, visto che venivo in vacanza qui” andò al sodo Jim, tirando fuori un pacchetto dalla bocca di un enorme pesce appena pescato che teneva sottobraccio, di cui Antonio si accorse solo in quel preciso momento.
“Enjoy your pipes!” si raccomando’ Jim tornando verso il bagnasciuga, dopo aver stretto la mano di Antonio.
“I will! Certo che me le godrò” gli rispose questi.



III

“Un altro gin and tonic, dotto’?” gli chiese il barista prendendo il bicchiere ormai vuoto.
Antonio, intorpidito dall’alcol e dalla conversazione immaginaria appena avuta si riscosse, facendo cenno di no con la testa e portando la mano alla tasca del rosso cappotto di casentino, per pagare il conto, si rese conto che questa conteneva ben altro, oltre al portafoglio.
Triò fuori un pacchetto ben sigillato, col suo indirizzo sopra. Iniziando ad aprirlo freneticamente, scoprì di essere il fortunato possessore di due Pebble Grain, sabbiate in modo spettacolare, commovente, esattamente dello shape che aveva ordinato o che aveva immaginato di ordinare sognando. La sua totale incapacità organizzativa, il disordine espositivo e il caso gli avevano regalato una sorpresa e un paio di pipe ancora più attraenti di quelle che aveva immaginato, nei suoi sogni o nella realtà, neppure lui lo sapeva più, né la cosa aveva la minima importanza in quel momento. L’unico pensiero lucido che in quel momento poté formulare fu che tra le menti meno organizzate del pianeta, oltre la sua, i pipemakers inglesi avevano indubbiamente un ruolo di rilievo. La combinazione dei due disordini era misteriosamente tra le sue mani in quel momento.

“Gato!” chiamò il barista impegnato con un altro cliente.
“Dica dotto’” accorse questi.
“Una bottiglia di gin”.
“Intera?”
“Intera certo, perché la volevi segare in due?”
“No… volevo dire: se la beve tutta?”
“Tu pensa a darmela, al resto ci penso io” tagliò corto Antonio, pagando e uscendo dal bar tenendo la bottiglia per il collo.

Non sapendo dove andare, ché l’appetito se l’era divorato l’alcol e la novità, alla fine si sedette sulla prima panchina che la nebbia autunnale di Milano avvolgeva interamente. Bevendo dalla bottiglia, di tanto in tanto, osservava prima una pipa, poi l’altra. Le annusava, volendo cogliere l’odore d’olio che ogni Ashton promette. Quando a un certo punto sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla sinistra.
“Senti Antonio” gli diceva la voce di Gaetano De Robertis “non ti puoi arrabbiare sempre in questo modo. So che sei irascibile ma, santa pazienza!, stavamo solo parlando. Sono due ore che ti cerco in giro per la città”.
“Ah, sei tu… Siediti ti voglio mostrare una cosa” rispose Antonio ormai pacificato.
Una volta che Gaetano gli fu accanto, Antonio mostrandogli le due pipe gli chiese:
“Che ne pensi di queste due Aston fatte da Craig?”
Sbalordito, Gaetano le prese in mano, iniziando a balbettare: “Queste le ha fatte Craig?”
“Sissignore”.
“Appunto” si gongolò soddisfatto Antonio.
“E quando gliele hai ordinate? Perché non me le hai fatte vedere in ufficio?” chiedeva l’amico, con gli occhi che si accendevano di bramosia, mentre lentamente si alzava in piedi.
“Eh, una lunga storia…” stava cominciando a dire Antonio, quando d’improvviso, come colto da un raptus, il collega aveva iniziato a correre, strillando: “Sono mie! Sono mie!”, inseguito da Antonio che tentava di prenderlo a bottigliate in testa.